EL DUENDE
Perlina scritta a quattro mani
Ho cercato la verità per terre e per mari, ovunque! Ho chiesto a ogni uomo a ogni donna che incontravo di raccontarmi il vero! Nulla, nessuna risposta alla mia domanda, fin quando ieri sera lei mi trasmette una lapidaria sentenza che mi mette curiosità per tutta la notte senza darmi pace e interrogo la letteratura per capire e capirò estasiato felice come un bambino che ha scoperto la verità vera senza più misteri senza più ombre!
Lei dice: la poesia non si interpreta…bisogna sentirla. Non chiede altro! – e io di rimando: è necessario interpretare chi scrive!- e lei – ma io non sono che un tramite!
-Vero, vero anch’io scrivo sotto dettatura- e lei sibillina:
-…el duende… il daimon!!-
Due parole così misteriose eppur così pregnanti di significati che intuisco come per trascendenza e le faccio mie e vado a indagarle con ossessioni e fremiti e patemi fino alle risposte che mi vengono date e che lei la “mia poetessa” così oggi mi racconta e mi chiarisce:
-DesignDuende ❤
Ma cos’è il “Duende” ? L’intraducibile.!
L’entità di una forza segreta.
Per cercare il duende non v’è mappa né esercizio. Si sa soltanto che brucia il sangue come un topico di vetri, che prosciuga, che respinge tutta la dolce geometria appresa, che rompe gli stili, che fa sì che Goya, maestro nei grigi, negli argenti e nei rosa della migliore pittura inglese, dipinga con le ginocchia e i pugni in orribili neri di bitume; o che spoglia Don Cinto Verdaguer con il freddo dei Pirenei, o porta Jorge Manrique ad attendere la morte nella landa di Ocaña, o copre con un vestito verde da saltimbanco il delicato corpo di Rimbaud, o mette gli occhi da pesce morto al conte di Lautréamont nell’alba del boulevard.
Il duende bisogna svegliarlo nelle più recondite stanze del sangue.
Il duende non sta nella gola; il duende sale interiormente dalla pianta dei piedi.
Vale a dire, non è questione di facoltà, bensì di autentico stile vivo; ovvero di sangue; cioè, di antichissima cultura, di creazione in atto.
Nel 1929, il grande poeta e drammaturgo Federico García Lorca, comincia a viaggiare e dopo un lungo soggiorno a New York va a Cuba nel 1930, dove partecipa a quattro conferenze tra le quali memorabile la “Teoria e gioco del duende”. Tale conferenza è diventata poi anche una libretto col titolo appunto
“Il duende – Teoria e Gioco”.
Il duende è qualcosa di intraducibile, è forse il carisma, l’energia o l’incantesimo che una persona possiede. E’ qualcosa che si suscita negli altri senza artificio o compiacimento, qualcosa che tutti percepiscono, riconoscono, è per dirla con lui, un “energia che arriva da sotto i piedi come a certe ballerine, o dal fondo della gola come per certi cantanti”. “Quando un artista mostra il duende non ha più rivali” e “non c’è mappa né esercizio” per impararlo, acquisirlo o capire dove sta.
Manuel Torres, grande artista del popolo Andaluso, diceva a uno che cantava: “Hai voce, conosci gli stili, ma non ce la farai mai, perché non hai duende ”. La tecnica non basta, è il fuoco interiore che bisogna accendere.
Il duende può comparire in tutte le arti, ma dove lo si trova con maggiore facilità, com’è naturale, è nella musica, nella danza e nella poesia, poichè queste necessitano di un corpo vivo che le interpreti, poiché sono forme che nascono e muoiono di continuo ed elevano i propri contorni su di un preciso presente.
In italiano il dizionario riporta duende come traducibile con “folletto, spiritello”. Questa trasfigurazione indica la difficoltà di tradurre con un termine questa particolare energia che eleva l’artista ad un piano espressivo superiore. Un incanto inesprimibile :
il duende.
Non si può che leggere il testo di Lorca come una guida e poi, se si frequenta l’Arte, cercarlo nell’inquietudine, nel profondo, per essere scossi da una febbre creativa che ci fa vibrare e tremare….predisporsi al duende che solo il cuore in ascolto sa riconoscere.
Bibiana L.R.
È lei, la poetessa che scrive, che mi svela la verità che cercavo ovunque senza sapere che sta in un vocabolo perché lei nata poetessa ha fatto sua una certezza che altri artisti prima di lei avevano inteso e interpretato e tra questi il suo conterraneo Gabriele D’Annunzio che solo in parte le trasmette quel modo di scrivere agile senza cesure fonetiche colorato di grigi sapienti e pittoresco e sensuale tra mistero e passione tra reale immanente o trascendente a pennellate veloci di colori diversi anche casuali che a lavoro ultimato funzionano per incanto e per magia da ammirare di seguito come una pittura senza decifrarne ogni tratto perché il significato ti entra dentro magicamente a fine di ogni verso.
La sua quinta (!) raccolta di poesie, (datata 1^ Ed dicembre 2011 e 2^ Ed. Aprile 2015) mi viene spedita trattenuta da uno spago che è esso stesso poesia il tutto raccolto da una finissima carta di protezione e io con un po’ di timore la ricambierò con i miei due libri che lei apprezzerà almeno quanto io il suo e nasce un reciproco stato di grazia e di bellissima affinità.
La conclusione della sua raccolta dal titolo “Quando verrai da ogni cosa” racconta una poesia che è il titolo stesso è così conclude:
………………
Io sono/della distanza/un amore
assoluto/ un’onda perpetua/
nell’aria rarefatta/che strofina/
e resina il contatto./ Io sono
una poesia/ nell’aria colore
d’oro/al tuo sorriso/che io amo
mondato di luce/ nell’aria/
solamente una poesia.
(Bibiana La Rovere)
© Bibiana La Rovere, 2011/2017
© Enrico Baleri, 2017